“CREDETTERO PER UNA PRESENZA”
Con la 43° edizione del Presepe Vivente vogliamo annunciare con gioia che l’invisibile si è fatto visibile. Gesù è venuto nel mondo per rendere la nostra vita più bella, più vera.
Come ha scritto l’arcivescovo Mario Delpini nella sua opera “Il Cantico dei Pastori” anche noi vogliamo esprimere il nostro stupore di fronte al Bambino.
“ Siamo testimoni, dobbiamo dire semplicemente quello che abbiamo visto e nessun complicato ragionamento… nulla può convincerci a tacere quello che ci è stato donato…siamo stati amati e resi capaci di amare”.
Papa Francesco ha ben descritto la carnalità di questo incontro che è il Natale.
“ La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Non mi stancherò mai di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: - All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva.”
SCENA INTRODUTTIVA
Nell’anno 2018 si ricorda il centenario della Prima Guerra Mondiale e la prima scena del Presepe vuole raccontare un fatto incredibile, ma realmente accaduto durante il conflitto. Una storia vera documentata dalle lettere dei soldati alle loro famiglie e ben descritta dal film francese di Christian Carion “Joyeux Noel”.
La vigilia di Natale del 1914, nelle trincee presidiate dai tedeschi e contrapposte a quelle degli scozzesi - francesi, si attende la nascita di Gesù. Al canto natalizio Stille Nacht intonato dall’esercito tedesco rispondono i nemici francesi e scozzesi accompagnati dal sacerdote che suona la cornamusa.
Gli ufficiali si incontrano nella terra di nessuno e si accordano per una tregua senza l’autori- zazione dei superiori.
Quasi un miracolo, un evento che accade inatteso; i canti natalizi risvegliano nei soldati il desiderio profondo del bene e della pace. Il prete scozzese celebra una breve messa in latino e l’Eucarestia riporta gli uomini di eserciti nemici alla loro origine, a Chi li ha creati, a Chi dà la vita. Essi decidono di seppellire insieme i loro morti.
Per un giorno le truppe fraternizzano, mangiano e bevono, si regalano sigarette, giocano a carte insieme, si sfidano in una partita di calcio, mostrano le foto delle loro famiglie.
Certo una breve interruzione e poi la carneficina è continuata, ma è stato un gesto di memoria che ha fatto fermare i soldati per affermare che la vita ha altre priorità rispetto al rombo convulso in cui erano costretti.
La coscienza di un bene comune si trasforma in uno sguardo di simpatia e di solidarietà, nessuno è più uno sconosciuto, c’è un dolore comune, una comune responsabilità, un’opera comune da compiere. Il cuore dell’uomo non si arrende ad abdicare alla propria umanità e la coscienza di essere creature porta a considerare ogni uomo con rispetto e dignità.